La Villa del Poggio Imperiale
Febbraio 3, 2022 2022-04-20 8:31La Villa del Poggio Imperiale
Le prime notizie e la confisca di Cosimo de Medici
Le prime notizie della villa, che domina da un lato la vallata dell’Ema e dall’altro Firenze, risalgono al 1427, anno in cui Jacopo di Pietro Baroncelli ne denunciava la proprietà al catasto fiorentino, definendola «casa da signore».
Divenuta in seguito proprietà dei Pandolfini prima e dei Salviati poi, la villa venne confiscata nel 1564 da Cosimo de Medici.
Per lunghi decenni non si registrano modifiche al fabbricato degne di nota fino al 1618 quando Maria Maddalena d’Austria, moglie del granduca di Toscana Cosimo II acquistò la villa dagli Orsini con altri terreni nei dintorni. Prese così avvio un ambizioso piano di trasformazione dell’immobile in una sfarzosa residenza suburbana, collegata alla città dal lungo viale che dal parco giungeva fino a porta Romana (a quel tempo denominata porta di San Pier Gattolini).
Gli interventi di Giulio Parigi
Nel 1622 Giulio Parigi, già impegnato nella risistemazione di Palazzo Pitti, iniziò i lavori alla villa.
Del suo intervento si conservano oggi il chiostro centrale, il tracciato dei due giardini e le sale a piano terra a destra e a sinistra della facciata. Tra queste, in particolare, l’anticamera da letto di Ferdinando II, la sala delle udienze di Maria Maddalena e l’anticamera della sua stanza da letto.
Per quanto riguarda l’esterno, risale all’epoca di Maria Maddalena il progetto di spazi destinati alla coltivazione di alberi da frutto e fiori, corrispondenti ai due cortili odierni, mentre il piazzale di forma circolare, utilizzato per feste e fiaccolate, nel 1624 era ornato da statue e da una balaustra.
I lavori di abbellimento tra fine 1600 e prima metà del 1700
Acquistato da Vittoria Della Rovere nel 1659, il Poggio Imperiale andò incontro ad un lungo e felice periodo caratterizzato da lunghi lavori di abbellimento e arricchimento continuo.
Tra il 1681 e il 1682 si assiste alla realizzazione di un nuovo braccio a mezzogiorno in asse col cortile più antico, comprendente due vaste sale (una al piano terra ed una al piano nobile) e due cappelle oggi scomparse, delle quali resta solo l’affresco detto della “volticina”.
La sala al pian terreno, oggi refettorio, era destinata a raccogliere una galleria di statue ed era qui che Vittoria dava udienza. Al piano superiore (il piano nobile), la granduchessa fece costruire un salone destinato a quadreria e impreziosito da affreschi del Volterrano. Questo venne però distrutto nel Settecento per volontà del granduca Pietro Leopoldo.
Nell’ambito di tali lavori fu sistemato anche il loggiato, coperto da volte a crociera, che circonda il chiostro centrale quadrato all’ingresso.
Alla morte di Vittoria Dalla Rovere, nel marzo del 1694, il figlio Cosimo III ereditò la proprietà della villa, poi passata all’erede Giangastone, ultimo granduca di casa Medici. Entrambi non apportarono particolari interventi alla villa, il cui assetto si ricava da due piante: una di Ferdinando Ruggieri del 1737, l’altra dell 1742.








Gli interventi di Gaspare Maria Paoletti
Tra il 1766 e il 1783 Gaspare Maria Paoletti ristrutturò gli ambienti con nuove camere da letto al piano superiore, decorate con stucchi e stoffe orientali e tra loro comunicanti attraverso porte di colore diverso, ed altre sale al piano terra, che conducono in linea retta alla segreteria del granduca.
La prima di queste sale (1773) è detta di Ercole per la decorazione ad affresco di Giuseppe Maria Terreni che raffigura il mito di Ercole nella volta e vedute di scene bucoliche e ruderi alle pareti. Segue la sala di Diana, sempre del 1773, con affreschi che celebrano Diana e Apollo nella volta e scene di caccia inserite in scenografiche vedute, opera di Giuseppe Gricci, con quadrature attribuite a Giuseppe Del Moro. L’ambiente successivo è la sala delle stagioni, dipinta da Giuseppe Maria Terreni con allegorie delle quattro stagioni e illusioni prospettiche; questa stanza conduce alla segreteria del granduca, affrescata da Antonio Fabbrini nel 1777, conclusione del percorso celebrativo di Pietro Leopoldo e del suo governo illuminato.
Sempre al piano terreno, si deve al Paoletti la realizzazione, prima del 1770, degli ambienti del lato sud, che si affacciano sui poderi a mezzogiorno, in particolare della sala dei putti, decorata da Tommaso Gherardini. Seguono in linea retta, prima dell’attuale refettorio, quattro sale la cui iconografia esalta il trionfo dei Cesari.
Fu proprio nell’ambito di queste ristrutturazioni che Paoletti, guidato da Francesco Milizia, effettuò il trasporto, poi ripetuto nell’Ottocento, della “volticina” di Cosimo II, che arredava lo studiolo collocato dove oggi si trova il bagnetto neoclassico realizzato in seguito da Giuseppe Cacialli. Il granduca nel 1773 volle conservare la “volticina” trasportandola su una nuova struttura ad ovest, affacciata sul giardino.
Pochi anni dopo, nel 1779 e quasi contemporaneamente alla sala Bianca di Pitti e a quella della Niobe agli Uffizi, lo stesso Paoletti costruì il salone da ballo adibito a feste, ambiente ormai ritenuto indispensabile per una reggia. Paoletti dotò il piano nobile di un grande salone bianco, chiaro e puramente neoclassico, con ampie finestre che guardano le colline di Arcetri e decorato a stucco dai fratelli Grato e Giocondo Albertolli. Il salone, che costituiva il punto di convergenza di una serie di sale e ambienti privati decorati a stucco che si affacciano ai lati esterni dell’edificio, è anticipato da un vestibolo illuminato da un lucernario e decorato a stucchi con specchiere Impero e busti neoclassici.
Tra gli ambienti decorati a stucco troviamo anche la Galleria, costruita nel 1775 sull’area dell’antica terrazza dell’ala ovest, che si affaccia sul giardino.
Tutt’oggi la sala è adibita a balli, concerti e altre manifestazioni ed ospita un pianoforte ottocentesco. Alla sua sinistra si susseguono quattro stanze tappezzate con carte cinesi settecentesche e dipinte a mano secondo quel gusto esotico per le cineserie delle corti europee del tempo.
Comunica con il salone da ballo anche il salottino lilla, oggi adibito a deposito.
All’esterno, invece, Paoletti trasformò i due giardini preesistenti e simmetrici rispetto al chiostro centrale, in due grandi cortili di gusto neoclassico, circondati da numerose sale.
L’epoca Napoleonica
Nel 1807, quando Napoleone destinò il Regno di Etruria alla sorella Elisa, moglie del lucchese Felice Baciocchi, venne commissionata a Giuseppe Cacialli la costruzione della cappella, alla quale si accede sia dall’interno della villa, che da un loggiato esterno, e che fu portata a termine nel 1820.
Per volontà della Baciocchi, Cacialli, allievo di Paoletti, elevò anche il piano superiore del portico, preferendo ad una loggia scoperta una loggia con archi e colonne ioniche, chiusa da vetrate e sormontata da un frontone con orologio centrale e due vittorie alate. Questa variante permise di arricchire il piano nobile con un vano luminoso, detto peristilio.
Con la Restaurazione, nel 1814, Cacialli riprese i lavori in villa, destinando le ali della facciata di sinistra a cappella e quella di destra al corpo di guardia; all’interno l’architetto ristrutturò le sale stile Impero. Quattro anni dopo, nel 1818, Cacialli lavorò alla sala verde, che prende il nome dalla tappezzeria dei divani che si trovano al suo interno.
Tra il 1821 e il 1823 furono realizzati altri rifacimenti che Ferdinando III commissionò al Cacialli: la sala d’Achille e il bagno neoclassico. Quest’ultimo, contemporaneo a quello realizzato dallo stesso Cacialli per Palazzo Pitti, è arricchito da stucchi con classiche allegorie marine e arredato con una profonda vasca in marmo che già disponeva di acqua calda e fredda.
L’ultimo recente restauro
L’ultimo radicale intervento di restauro al complesso, sia architettonico che relativo al patrimonio storico-artistico, risale al biennio 1972-1975 a cura della Soprintendenza fiorentina, in particolare sotto la direzione di Nello Bemporad, che ha conciliato le antiche strutture con le esigenze di una scuola moderna e aprendo alcuni degli ambienti restaurati al pubblico.